D iversi anni fa, durante una partita di pallavolo, un cameraman tv veniva allontanato poiché un giudice di campo aveva notato il suo continuo e ossessionante inquadramento delle atlete in posizioni succinte. A poca distanza di tempo, in Veneto, il presidente di una squadra di calcio (noto imprenditore nel settore dell’abbigliamento) scelse come “raccattapalle” delle ragazze minorenni alle quali fece indossare canottiere e shorts di sua fabbricazione decisamente provocanti. Storia più recente, la battaglia di tutte le atlete di pallavolo intrapresa nei confronti della Federazione sportiva per poter indossare un abbigliamento più consono e meno succinto, in linea con quello dei colleghi maschi. Altro fatto surreale e inverosimile ma di opposto “pensiero”, quello della giocatrice afghana della nazionale di pallavolo uccisa e decapitata dai talebani perché non voleva abbandonare lo sport e soprattutto rea di un abbigliamento non decoroso per le donne ed il “credo” radicale islamico. Ad accomunare tutte queste storie è la donna ed il suo abbigliamento in un contesto di divisa nella pratica sportiva.
Nessuna disparità, a cominciare dall'abbigliamento professionale
Non mi dilungo nella questione del rispetto verso le donne e del sessismo, ancora radicato - ahimè - in persone ignoranti ed ottuse (per fortuna poche), né giustifico o condanno nessuno (eccezion fatta per la vicenda della ragazza afghana). Desidero invece evidenziare e rimarcare come nella nostra categoria, l’immagine della divisa di cuoco sia immutata ed unica da sempre, per donne e uomini di ogni continente del globo e di ogni credo religioso. Ne abbiamo la testimonianza alle competizioni internazionali, dalle Olimpiadi alla Coppa del mondo di cucina, dove colleghi e colleghe in competizione sono uniti dalla stessa divisa, senza distinzione tra i due sessi. La lady chef che indossa la giacca di cuoco non ha bisogno di esternare aspetti fisici della propria femminilità affinché la sua professionalità venga apprezzata, e questo la pone sullo stesso piano dei colleghi maschi, sia in cucina sia nell’abbigliamento di lavoro.
Per la nostra categoria la divisa da cuoco è un simbolo di status e identità, ed indossarla è motivo di orgoglio. Rigorosamente bianca, colore funzionale a rappresentare sia la presenza autorevole sia la personificazione al pulito ed incontaminato, non necessita di richiami al sex appeal, all’eleganza, allo charme ed alla garbata eleganza che la donna sa certamente “sfoderare” in altri contesti ma al di fuori del nostro ambiente di lavoro. C’è un grande rispetto fondato da sempre in tutti noi dunque, anche nelle donne cuoche, per la divisa che indossiamo, e di questo ne sono felice e fiero. Parola di Presidente Fic.
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